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In un futuro imprecisato.
Luca torna da scuola con la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Pare che il nuovo governo abbia deciso di distribuire il fondamentale testo agli studenti di tutti gli istituti.
Il bambino ha dieci anni, ha letto l’intera dichiarazione, ma non ha ben capito cosa voglia dire.
Così, decide di chiedere spiegazioni al padre.
Su tutti e trenta gli articoli…
L’impresa non è facile ma, forse, il genitore non ha molte alternative oltre a raccontargliela a misura della sua vita, del suo mondo, approfittando della metafora calcistica e sostituendo di volta in volta il termine individuo con bambino.
“Allora, Luca, sei pronto?”
“Sì, papà.”
“Mi raccomando: ogni volta che pronuncio una parola o una frase che non comprendi, tu avvertimi, chiaro?”
“Sì.”
“Articolo uno: ‘Tutti i bambini nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.’”
“Cosa vuol dire essere eguali in dignità?”
“Vuol dire che ogni bambino ha valore. E nessun bambino è più importante degli altri.”
“E cosa significa essere dotati di coscienza?”
“Significa che quando fai qualcosa devi pensare bene a cosa fai e perché la fai. Vado avanti?”
“Vai pure.”
“Articolo due: ‘A ogni bambino spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.’ Fin qui ci sei?”
“Credo di sì. Vuol dire che la dichiarazione vale per tutti i bambini. Tutti quanti.”
“Bravo. Sembra più semplice, così. Il resto dice: ‘Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.’“
“Questa parte non l’ho capita…”
“Be’, in pratica intende sottolineare ulteriormente che questi articoli valgono proprio per tutti i bambini.”
“Giusto.”
“Articolo tre: ‘Ogni bambino ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona.’ Questo è chiaro, no?”
“Sì.”
“Articolo quattro: ‘Nessun bambino potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.’“
“Scusa, papà, ma questo è inutile. La gente che se ne fa di un bambino schiavo? È piccolo, non ce la fa a lavorare come i grandi.”
“In effetti hai ragione… ma sai, stabilendo i diritti è sempre meglio metterci tutto, per sicurezza, non si sa mai.”
“Va bene.”
“Articolo cinque: ‘Nessun bambino potrà essere sottoposto a tormenti o a trattamenti o a punizioni dure, inumane e disonorevoli.’“
“Che significa trattamento disonorevole?”
“Che non rispetta l’onore.”
“E cos’è l’onore? Io ce l’ho?”
“Certo. Tutti i bambini ce l’hanno. Rappresenta l’insieme delle cose belle che hai fatto fino a quel momento, che ti hanno fatto guadagnare l’affetto e l’apprezzamento degli altri.”
“Spero di aver guadagnato molto onore, fino a oggi.”
“Sì, non c’è male.”
“Andiamo avanti. Mi piace.”
“Bene. Articolo sei: ‘Ogni bambino ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.’“
“Papà. Non ho capito niente… ”
“Vuol dire che ovunque si trovino, dentro casa, a scuola, al campetto a giocare a pallone, per tutti i bambini ci sono delle leggi che li tutelano, a difesa dei loro diritti.”
“Al campetto è difficile. Per esempio, quando perde, Mauro si mette a spingere e a tirare calci. Mica è permesso, quando si gioca a pallone, ma lui lo fa lo stesso.”
“È per questo che nelle partite ci vuole l’arbitro.”
“È vero. Senza l’arbitro ognuno fa quello che gli pare. ”
“Già, come il piccolo Mauro. Infatti, articolo sette: ‘Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto a una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.’”
“Discriminazione… che significa?”
“Vuol dire disparità, distinzione. In pratica le leggi e gli articoli sono eguali per tutti.”
“Giustissimo.”
“Articolo otto: ‘Ogni bambino ha diritto a un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.’”
“Spiega, papà.”
“Significa che se qualcuno non dovesse rispettare i diritti di un bambino allora lui può andare a raccontare la cosa a un tribunale che si occupi di far rispettare le leggi.”
“È un po’ come andare dall’arbitro?”
“Sì, più o meno.”
“Articolo nove: ‘Nessun bambino potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.’”
“Cosa vuol dire arbitrariamente?”
“Vuol dire decidere una cosa senza rispettare le leggi.”
“È come se qualcuno fingesse di essere l’arbitro senza esserlo davvero?”
“È così.”
“Quindi, quando Mauro sostiene che secondo lui è rigore, anche se il fallo è fuori area, lo fa arbitrariamente?”
“Esempio perfetto.”
“C’è un’altra cosa che non ho capito: i bambini possono essere arrestati?”
“No, in effetti, no…”
“Allora anche questo è inutile ma non si sa mai, vero?”
“Vero. Articolo dieci: ‘Ogni bambino ha diritto, in posizione di piena eguaglianza, a una equa e pubblica udienza a un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.’”
“Che vuol dire?”
“Ti faccio un esempio. Mettiamo che domani al campetto facciate una partita e che questa volta decidiate di avere un arbitro. Quest’ultimo, per risultare onesto, deve comportarsi in maniera imparziale. Non può essere un amico di Mauro e neanche uno tuo. Deve essere un tipo giusto, che non abbia alcun interesse a far vincere lui o te.”
“Eh, ci vorrebbe proprio.”
“Proseguiamo con l’articolo undici: ‘Ogni bambino accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.’ Ti è chiaro, per ora?”
“Mi sembra di sì. Significa che finché l’arbitro, quello imparziale, non abbia deciso per il rigore, il fallo non c’è.”
“Diciamo di sì. Il seguito dice: ‘Nessun bambino sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.’”
“Cosa significa?”
“Significa che l’arbitro non può punire Mauro, te o qualsiasi altro giocatore per una norma che non sia nel regolamento. Per esempio non può fischiare fallo o ammonirti se tu hai fatto passare la palla sotto le gambe al tuo avversario e questi se la prende.”
“Anzi, è divertente. Si dice tunnel, papà. Ma non ho capito anche due parole: commissivo ed omiss... qualcosa.”
“Omissivo. Comportamento commissivo è quando fai fare qualcosa a qualcuno. È un reato nel caso questa cosa non sia legale, anche se non l’hai fatta tu. Invece comportamento omissivo è quando non fai qualcosa. Ed è un reato quando la legge afferma che in quella data situazione avresti dovuto fare qualcosa. Ti faccio un esempio?”
“Sì.”
“Se durante la partita un giocatore della tua squadra, come di quella avversaria, si dovesse fare male e tu non lo aiutassi e continuassi a giocare quella è omissione di soccorso. Avevi il dovere di aiutarlo e non l’hai fatto.”
“Ho capito.”
“Articolo dodici: ‘Nessun bambino potrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni bambino ha diritto a essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.’”
“Cosa sono le interferenze?”
“È quando qualcuno s’intromette nella vita degli altri. E lo fa in maniera arbitraria, credo ti sia chiaro ormai, qualora non rispetti le leggi, le regole, gli articoli della Dichiarazione.”
“Come quando ho letto nel diario di Elisa e lei si è arrabbiata? Ho fatto un’interferenza arbitraria, vero?”
“Bravo. Vedo che hai capito. Articolo tredici: ‘Ogni bambino ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni bambino ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.’”
“Non è vero: io non posso entrare nel bagno delle femmine a scuola o nella camera di Elisa.”
“Quest’ultimo articolo, come eccezione, lo aggiungiamo noi. Andiamo avanti: Articolo quattordici: ‘Ogni bambino ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni. Questo diritto non potrà essere invocato qualora il bambino sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite.’”
“Cosa vuol dire cercare asilo?”
“Vuol dire cercare protezione, aiuto. Come l’asilo nido, dove sei andato anche tu, ricordi? Lì hai trovato qualcuno che si è preso cura di te, che accoglie i bambini piccoli e indifesi. Devi sapere che le nazioni del mondo, per mantenere la pace e i diritti di tutti, si sono accordate formando una specie di associazione: le Nazioni Unite.”
“Ma non ho capito l’articolo.”
“Guarda, te lo spiego così: immagina che io e tutti i vicini di casa decidessimo di formare un associazione per… per far sì che tutti quanti siano gentili quando ci si incontra sul portone o sulle scale: l’associazione dei vicini gentili.”
“Pure la signora del piano di sotto? Quella non saluta mai.”
“Ecco, soprattutto per la signora del piano di sotto. Infatti, una volta formata l’associazione e deciso il suo scopo, tutti quanti abbiamo il dovere di ricordarle di essere gentile. Non possiamo obbligarla ma abbiamo il dovere di dirglielo, soprattutto se fa parte anche lei dell’associazione. Fin qui ci sei?”
“Sì.”
“Ora, tu sai che lei vive sola e che per questo mamma la chiama la ‘vecchia zitella’, no?”
“Sì.”
“Ecco, se lei invece avesse un figlio, un bambino come te, e lui bussasse alla porta di chiunque di noi chiedendoci di aiutarlo a far diventare la sua mamma più gentile, noi avremmo l’assoluto dovere di sostenerlo, di offrirgli asilo.”
“Chi è il capo dell’associazione delle nazioni?”
“Nessuno è il capo.”
“Sai una cosa, papà?”
“Dimmi.”
“La dovreste fare l’associazione dei vicini gentili.”
“Ci penserò. Articolo quindici: ‘Ogni bambino ha diritto a una cittadinanza. Nessun bambino potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né al diritto di mutare cittadinanza.’”
“Che vuol dire avere una cittadinanza?”
“Avere una cittadinanza significa avere un insieme di diritti e doveri verso gli altri, stabiliti dalle leggi. Tutto chiaro?”
“Sì. La parola arbitrariamente c’è un sacco di volte. Deve essere importante.”
“Già… Articolo sedici: ‘I bambini e le bambine, una volta diventati grandi, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento. Capito fin qui?”
“Sì.”
“Il seguito dice: ‘Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato.’”
“Cosa significa nucleo naturale?”
“Significa che noi - mamma, io, Elisa e te - come tutte le persone che vivono insieme e si sentano una famiglia, siamo la parte più interna dello Stato e che esso deve aver cura di noi.”
“Ci deve dare asilo?”
“Già, in un certo senso sì. Come fa il nido con i bambini molto piccoli. Ci deve aiutare a vivere bene e a crescere. Allora, articolo diciassette: ‘Ogni bambino ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con gli altri. Nessun bambino potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.’”
“Allora tu non potevi togliermi i botti che avevo per Capodanno. Erano mia proprietà.”
“Vedi, è di nuovo quell’arbitrariamente che fa la differenza. In quanto tuo padre, e ho il dovere di prestare attenzione che tu non ti faccia male. I botti che avevi, oltre a essere pericolosi, sono vietati ai bambini della tua età. È come se in quel momento fossi stato l’arbitro.”
“Tu sei papà e sei anche l’arbitro. Così non vale.”
“So che ti possa sembrare ingiusto, ma credimi, essere l’arbitro, se lo fai con onestà, non è un premio o un vantaggio. È una responsabilità. Ci vuole tanto impegno e attenzione. E bisogna anche accettare le lamentele. Come le tue, ora. Vado avanti?”
“Va bene.”
“Articolo diciotto: ‘Ogni bambino ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.’”
“Libertà di pensiero… significa essere libero di pensare quello che mi va?”
“Certo.”
“Ma scusa, chi può togliermi questa libertà? Chi può sapere cosa sto pensando?”
“Nessuno, credimi. Nessuno può.”
“Allora è inutile…”
“…ma non si sa mai.”
“Cosa vuol dire manifestare una religione?”
“Significa mostrarla agli altri, praticarla davanti a tutti e non di nascosto. Tutti hanno questa libertà.”
“Ho capito.”
“Articolo diciannove: ‘Ogni bambino ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.’
“Me lo spieghi?”
“Ti faccio un esempio: fai conto che la tua classe sia come l’Italia e che la soglia della porta dell’aula corrisponda al confine del paese. Cosa c’è fuori?”
“C’è il corridoio.”
“Sul corridoio si affacciano altre aule e così è per gli altri piani della scuola. Giusto?”
“Sì.”
“Ecco. Tu immagina che le altre classi siano gli altri paesi e che ciascuna soglia di ogni aula rappresenti il confine.”
“Va bene.”
“Ora, quest’articolo dice che tu, come i tuoi compagni, siete liberi di dire nella vostra classe ciò che volete, sempre nel rispetto degli altri e nessuno deve impedirvelo.”
“E rispettando gli articoli.”
“Esatto. Inoltre questo vale anche se tu esca dalla tua classe, nel corridoio come in ogni altra aula. Ti è chiaro?”
“In tutta la scuola?”
“Ovunque, anche fuori.”
“In tutto il mondo?”
“In tutto l’universo. Continuo?”
“D’accordo.”
“Articolo venti: ‘Ogni bambino ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica. Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.’”
“Quindi la signora di sotto, nel caso si rifiutasse di far parte dell’associazione dei vicini gentili, potrebbe farlo?”
“Certo, è libera. È suo diritto.”
“E quindi può continuare a non salutare?”
“Sì. Nessuno può obbligarla a essere gentile.”
“Io lo vorrei fare.”
“E magari ci riusciresti, ma lei ti saluterebbe perché l’hai obbligata e non per gentilezza.”
“E allora come si può fare?”
“Tu continua a salutarla. Chissà, forse un giorno ti risponderà. E se lo farà l’avrà scelto spontaneamente, perché si sarà sentita di farlo ed è l’unica cosa che tu possa sperare. Articolo ventuno: ‘Ogni bambino ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. Ogni bambino ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.’ Chiaro fino a ora?”
“Insomma.”
“Ti spiego. Tutto sta in quel partecipare direttamente o indirettamente. Tu adesso sei ancora un bambino e non sei abbastanza preparato ed esperto per governare. Ciò non toglie, però, che al governo ci debba essere qualcuno che si occupi di te, dei tuoi diritti e in quel caso tu parteciperesti indirettamente, attraverso di lui. Se un domani tu vorrai diventare un governante, qualora ci riuscirai, parteciperai direttamente. Ma indirettamente dovrai aver cura di quelli che ti avranno votato, che avranno avuto fiducia in te, che si saranno affidati a te. Infatti, la seconda parte dice: ‘La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, e a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.’”
“Ma io non voto, papà…”
“Certo, Luca. Infatti i governi devono aver cura soprattutto dei bambini, proprio perché non votano.”
“Ma se non votiamo come fanno a sapere cosa vogliamo?”
“Devono chiedervelo, ogni giorno, dovunque vi troviate.”
“Non è che ce lo chiedano così spesso…”
“Allora in quel caso provate a dirlo voi cosa volete. Soprattutto che è un vostro diritto essere ascoltati. E poi da oggi hai questa Dichiarazione, no?”
“È vero.”
“Articolo ventidue: ‘Ogni bambino, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale e in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità e al libero sviluppo della sua personalità.’”
“La sai una cosa papà? È bello avere tutti questi diritti.”
“Ed è bello che vengano rispettati.”
“Che vuol dire sicurezza sociale?”
“La sicurezza sociale rappresenta la tranquillità che abbiamo mamma e io quando tu vai a giocare a pallone al campetto o stai a scuola. Vuol dire che c’è qualcuno che si preoccupa che non ti succeda nulla di male. Articolo ventitré: ‘Ogni bambino ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione. Ogni bambino, senza discriminazione, ha diritto a eguale retribuzione per eguale lavoro. Ogni bambino che lavora ha diritto a una remunerazione equa e soddisfacente e che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana e integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. Ogni bambino ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri mezzi.’”
“Papà, io non lavoro.”
“Certo, ed è giusto che sia così. Però vai a scuola, no?”
“Sì.”
“Allora, applichiamo questo articolo alla scuola. Esso dice che tu hai diritto ad andarci e di trovarla in buone condizioni. Inoltre afferma anche che, se tu e un tuo compagno faceste un compito identico, la maestra dovrebbe darvi lo stesso voto, senza fare alcuna differenza.”
“Cosa sono i sindacati?”
“Ecco, i sindacati sono un gruppo che si preoccupa di far valere i tuoi diritti quando essi non vengono rispettati.”
“Sono come l’arbitro?”
“No… sono come una via di mezzo.”
“E se la maestra non rispettasse i nostri diritti? Noi bambini ce l’abbiamo i sindacati?”
“No, ci siamo mamma e io, insieme a tutti gli altri genitori. Però, vedi, i sindacati siete anche voi stessi. Ognuno di noi ha il dovere di far valere i diritti di tutti. Vado avanti?”
“Sì, vai.”
“Articolo ventiquattro: ‘Ogni bambino ha diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.’ Chiaro?”
“Sì, papà.”
“Articolo venticinque: ‘Ogni bambino ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.’”
“Cosa vuol dire nati fuori di esso?”
“Tu sei nato dopo che mamma e papà si sono sposati. Questo lo sai, no?”
“Sì, ho visto le foto e il filmino.”
“Se tu fossi nato prima, e noi non ci fossimo sposati, saresti nato fuori del matrimonio.”
“E questo è un problema?”
“No. Anzi, questo articolo dice che tu, Luca, in quel caso avresti avuto gli stessi diritti che hai ora.”
“Sarei stato sempre io, no?”
“Giusto. Saresti stato sempre tu… Articolo ventisei: ‘Ogni bambino ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni unite per il mantenimento della pace. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.’ Capito tutto?”
“La scuola fa tutte queste cose?”
“Non so se tutte le scuole le facciano ma questo articolo afferma che dovrebbero farlo.”
“È difficile fare la maestra, allora…”
“Sì, è una grande responsabilità ed è per questo che lo Stato deve aiutarla a svolgere nel modo migliore il suo importante lavoro. Articolo ventisette: ‘Ogni bambino ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.’”
“Cos’è la vita culturale?”
“Rappresenta tutte quelle azioni della vita comune che riguardano la cultura in senso generale. Come scrivere, leggere, disegnare, andare a teatro, visitare un museo, andare al cinema, ecc.”
“Anche guardare la tv?”
“Ecco, la tv non è sempre cultura. Nella tv c’è anche la cultura, ma ci sono pure tante altre cose che non lo sono.”
“Quali?”
“Le pubblicità, per esempio. Quando qualcuno ti consiglia di comprare un detersivo o una macchina non è che stia pensando ad accrescere la tua cultura, ma il suo portafogli.”
“E perché la televisione glielo permette?”
“Vedi, la televisione, come tante altre cose del nostro paese, fa delle cose che noi permettiamo, non lei. Siamo noi che abbiamo il telecomando e spesso ce lo dimentichiamo. Articolo ventotto: ‘Ogni bambino ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.’ In altre parole, le Nazioni unite devono organizzarsi in modo che la Dichiarazione venga rispettata.”
“Qua ci vuole un arbitro.”
“Esatto. Articolo ventinove: ‘Ogni bambino ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni unite.’”
“Spiega tutto.”
“Allora, pensa a tutte le persone che conosci e che incontri ogni giorno. Come la tua famiglia, i parenti, i compagni di scuola, i vicini di casa, gli amici al campetto e così via.”
“Fatto.”
“Ecco, loro sono la tua comunità, le persone con cui vivi. La tua personalità, il tuo carattere, le tue idee, il tuo modo di comportarti, devono potersi sentire liberi di esprimersi come vogliono, sempre rispettando la legge e la personalità, il carattere, le idee, degli altri. Però, questa libertà non deve mai contraddire le Nazioni Unite e i valori che le uniscono.”
“E come può succedere?”
“Questo può succedere perché non tutti abbiamo la stessa personalità, carattere e idee. E non tutte le nazioni hanno la medesima idea di libertà. Infatti, se tu vai in un paese che non è il tuo hai il dovere di tener conto delle sue leggi. Prendi la signora del piano di sotto. Ecco, lei non è gentile evitando di rispondere al tuo saluto, ma è anche libera di non farlo. Tu senti il dovere di salutarla, per cortesia e buona educazione, come mamma e io ti abbiamo insegnato. Può darsi che i suoi genitori non abbiano fatto lo stesso con lei e nessuno può obbligarla a farlo ora.”
“Manca l’ultimo articolo.”
“Sì. Articolo trenta: ‘Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in esso enunciati.’”
“Vuol dire?”
“Questo è molto importante. Afferma che nessuno può sostenere che questa Dichiarazione permetta di mancare di rispetto ai diritti e alle libertà di qualcuno, difesi dalla dichiarazione stessa. È come se qualcuno al campetto dicesse che lo sgambetto si può fare e che questo lo afferma il regolamento.”
“Non è possibile. Nessuno gli darebbe ragione.”
“E sai perché? Perché tutti conoscono le regole. Per questo è importante conoscere e capire questa Dichiarazione.”
“C’è una cosa che non ho capito, papà.”
“Dimmi.”
“Sul testo che ci ha dato la maestra, in ogni articolo, c’è scritto individuo e non bambino…”
“Sì, hai ragione. Infatti essa vale per tutti, a prescindere dall’età. Ma io te l’ho voluta spiegare in questo modo perché è importante che tu, fin da piccolo, capisca che hai dei diritti e dei doveri. E che fin da ora inizi a imprimerteli nella memoria, perché gli adulti se ne dimenticano facilmente, un po’ come col telecomando. Molti non li conoscono nemmeno e un domani sarete voi a doverglieli ricordare.”
“Ce la farò?”
“Sono sicuro di sì. Perché ho una grandissima fiducia in te.”
“Grazie, papà.”
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