La nave di Hasan
di
Alessandro Ghebreigziabiher
Questa è una strana storia.
C'era una volta una bottiglia, una vecchia bottiglia.
Nella bottiglia c'era dell'acqua.
Sull'acqua galleggiava o, per meglio dire, ormeggiava un antico veliero, un finto veliero.
Ciò nonostante, per un'assurda alchimia, quella nave aveva un equipaggio.
Si trattava del capitano Hasan e della sua ciurma, un pugno di uomini che avrebbe seguito il proprio comandante in qualsiasi avventura e in ogni parte del mondo.
Non si era mai vista tanta fedeltà fuori di quella bottiglia.
Tuttavia la sorte voleva che il capitano, al contrario dei suoi uomini, sapesse della nave finta, e che di lì non si sarebbero mai mossi.
Nondimeno, un po’ per non distruggere le illusioni dei marinai e un po’ per paura di perdere il ruolo di carismatico capitano, raccontava loro bugie a non finire.
Prima di tutto, essendo l'unico a conoscere le carte e a saper usare gli strumenti di bordo, li aveva convinti di essere capitati in una tremenda bonaccia, che impediva assolutamente alla nave di muoversi, e che un rarissimo tipo di banco di nebbia, detto “il grande vetro”, avesse avvolto il veliero.
Inoltre, per passare il tempo, ogni sera Hasan raccontava agli uomini delle sue presunte avventure tra i cosiddetti sette mari.
Principesse bellissime, maghi terribili, isole incantate e geni della lampada, popolavano copiosi le sue imprese, puro frutto della sua fantasia.
Tuttavia, dopo anni, il nostro cominciò a provare vergogna del suo inganno poiché i marinai non mancavano mai di mostrargli la loro stima e ammirazione, nonché affetto profondo.
La vergogna mutò in vera sofferenza allorché si accorse di aver reso ancora più falsa la realtà di quanto non lo fosse già.
Una sera toccò il classico fondo quando, uscito dalla sua cabina, trovò la nave tutta agghindata a festa. L'equipaggio aveva organizzato, a sua insaputa, una sorpresa per il suo compleanno e aveva preparato una torta enorme con su scritto: “Al nostro capitano, un secondo padre!”, con tanto di punto esclamativo.
Tutto questo fu troppo per Hasan, il quale, senza accorgersene, cominciò a piangere a dirotto e col capo chino parlò loro come non aveva mai fatto prima: “Ragazzi, io vi ho imbrogliato, vi ho tradito... sono un bugiardo, sono anni che non faccio altro che mentirvi. E’ tutto falso, non sono il grande capitano che avete creduto, non sono mai stato nei posti di cui vi ho parlato e non ho mai compiuto le imprese di cui vi ho detto. Niente è vero... ma la bugia più grande riguarda questa nave. Questo veliero è finto, non c'è nessuna bonaccia o nebbia, credetemi, non ci siamo mai mossi dall’interno di una bottiglia di vetro... “
Hasan rimase in silenzio e poi alzò lentamente la testa, notando con grande sorpresa le facce sorridenti e allegre dei suoi uomini. Quindi uno di essi gli si fece incontro e gli disse a nome di tutti: “Capitano, noi questo l'abbiamo sempre saputo, fin dall'inizio. Sapevamo anche che nulla era vero delle sue avventure, ma lei oggi ha detto una bugia di troppo. Sbaglia sostenendo che non ci siamo mai mossi di qui, perché è stato proprio lei, con i suoi racconti, a farci viaggiare, lì dove nessuna nave avrebbe mai potuto portarci. Grazie dei sogni che ci ha donato.”
Tutto l'equipaggio abbracciò a turno il proprio capitano, il quale, quella sera, sentì di essere l'uomo più felice del mondo, dentro e fuori la bottiglia.
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