Le sei corde
di
Alessandro Ghebreigziabiher
Questa storia narra di una chitarra molto particolare.
Infatti, mentre ogni strumento musicale si accende nelle mani di chi con anima e passione cerchi di staccarsi da terra come solo un essere umano potrebbe, questa chitarra era viva da sola o, meglio, lo erano le sue corde, le sue sei corde.
A partire dal basso dello strumento, e quindi dalla voce più acuta, c'era il piccolo Misbaah, a seguire il fratello maggiore Siraaj, di seguito i fratelli Solmir e la sorella Redha, e infine i genitori Labeeb e Mindhur.
Insieme avrebbero creato un’armonia incredibile e avrebbero incantato le orecchie e soprattutto i cuori di chiunque li avesse ascoltati suonare le loro magiche note.
Tuttavia per far ciò era necessario che ognuno lavorasse per l'altro, che ci fosse piena fiducia e collaborazione tra loro, che fossero sempre giustamente affiatati.
Accordati.
Il problema era che uno di loro, Solmir, avesse grossa difficoltà ad armonizzarsi con gli altri.
Sì, perché era un tipo con un grande bisogno di essere apprezzato per la sua voce, non in coro con gli altri, ma da solo, come unico interprete della sua anima.
Fin qui nulla di male, i personali virtuosismi erano più che incoraggiati dai genitori.
Nondimeno, ogni volta che la chitarra venisse chiamata per un provino, papà Mindhur e mamma Labeeb si raccomandavano con lui di seguire gli spartiti e di non prendere iniziative personali. Solmir prometteva di essere diligente, ma puntualmente, durante l'esecuzione, emetteva suoni in completa disarmonia da tutti gli altri.
Una sera, dopo l'ennesima figuraccia al conservatorio, Misbaah e Redha si scagliarono irate contro Solmir, mentre Siraaj voleva passare addirittura alle vie di fatto.
Mamma Labeeb non sapeva più come gestire il figlio, che nel frattempo ascoltava in silenzio, sentendosi sempre più incompreso.
Redha disse quindi con rabbia: “Propongo di mandarlo via e di prendere un altro al suo posto. Non riusciremo mai a farci assumere con Solmir con noi.”
Sembrava quasi per tutti la soluzione migliore quando papà Mindhur osservò: “Non esiste qualcuno che possa sostituirlo. Egli è parte di noi come noi di lui. Siamo stati fatti per danzare insieme, vostro fratello è la corda giusta al posto giusto. Chiunque altro romperebbe la nostra magia. Solmir, se non vuoi cantare con noi, per noi non avrà più senso farlo.”
In silenzio, Mindhur si staccò dalla chitarra, seguito da tutti gli altri, per cambiare vita e dimenticare per sempre la musica.
Solmir si ritrovò quindi a cercare di farsi ascoltare dal mondo.
Tuttavia era troppo debole per essere udito e rimpianse amaramente i suoi compagni.
E se di notte vi affacciate alla finestra, talvolta vi sembrerà di sentire il fragile suono di una corda perdersi nel vento.
E’ il canto di chi ama solo la propria voce.
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