Le due gocce
di
Alessandro Ghebreigziabiher
Questa storia è di molto tempo fa e quando dico molto tempo mi riferisco a molto, mooolto tempo.
Pensate che l'uomo ancora non c'era al mondo, e così tutti gli animali.
Figuriamoci l’Uomo Ragno e Harry Potter, Totti e la playstation.
Non c’era neppure il gabinetto, immaginatevi un po’ quanto fosse scomodo… va bene, ormai è chiaro, torniamo al punto.
C'era ovviamente la terra, il mare, il sole, la luna e le nuvole.
Già, le nuvole.
Tra di esse ce n'era una piccolina che calcava i primi passi nel cielo. La nuvola, a sua volta, era fatta di tante minuscole gocce, anch'esse alla prima esperienza. Fra di loro ve n'era una che spiccava tra le altre perché aveva sempre il sorriso stampato sul viso.
Il suo nome era Babukar ed era una gocciolina ricolma di contentezza di essere lì con le altre. Amava immensamente sentirsi parte della nuvola, viaggiare con dolcezza nel cielo cullata dal vento, osservare le bellezze del mondo non ancora attaccate dall'uomo.
Era felice, insomma, poiché amava ciò che era.
Non tutte le goccioline, però, la pensavano come lui, come in ogni nuvola. Vi erano le gocce invidiose, che non facevano altro che guardare le nuvole vicine, le quali risultavano sempre più belle della loro.
C'erano le gocce asociali, ognuna delle quali voleva fare nuvola a sé.
C'erano quelle presuntuose, convinte di essere loro a far viaggiare la piccola nuvola anziché il vento, pensate un po’ l’ardire di costoro.
Ma, soprattutto, c'erano le gocce pessimiste, che vedevano temporali dappertutto. Una di queste ultime, di nome Hasani, era vicino di Babukar e infastidito dalla sua gioiosità, un giorno gli chiese: “Si può sapere perché hai sempre quel sorriso sulle labbra? Cosa c'è di così divertente?”
“E' bello stare qui”, rispose l’altro, “sospeso nel cielo, fermo tra il sole e la terra...”
“Tanto non durerà”, osservò Hasani malinconicamente. “Presto o tardi scoppierà un temporale, cadremo giù tutti e ci perderemo per sempre.”
Babukar era molto impressionato dalle parole del compagno e, mostrando notevole ingenuità, gli chiese: “Cos'è un temporale?”
Hasani, stupito dall'ignoranza dell’altro, così rispose: “Non sai cos'è un temporale? È quando il vento diventa così crudele e violento da aggredire le nuvole fino a frantumarle goccia dopo goccia. É la fine di tutto.”
Babukar, preso dal panico, esclamò: “No! La nostra nuvola non lo permetterà, lei ci vuole bene, ci proteggerà.”
Tuttavia, Hasani gli disse con amarezza nella voce: “Non hai ancora capito? Non c'è nessuna nuvola, essa è fatta da tutte noi goccioline messe insieme. Noi siamo la nuvola...”
Babukar si sentì morire dentro e non riusciva più a parlare. Aveva sempre visto la propria esistenza come qualcosa di celestiale, senza dolore e difficoltà, un eterno gioco, ed era dura affrontare la realtà.
Se mi lasciate passare il banale gioco di parole, si può dire che fino a quel momento avesse sempre vissuto con la testa tra le nuvole.
Addolorato cominciò a piangere, cosa che non aveva mai fatto prima, e dai suoi occhi uscirono delle lacrime o, meglio, delle gocce.
Le vide cadere giù sulla terra, le guardò scivolare in un fiume, osservò il fiume portarle con sé nel mare e, dal mare, le vide sollevarsi fino al cielo, per diventare nuvole.
Fu allora che capì che il prezzo della vera felicità sarebbe stato riuscire ad accettare tutto, tutto quello che la vita gli avrebbe dato.
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