Animali misti
di
Alessandro Ghebreigziabiher
C’era una volta una foresta. Nella foresta vi erano tanti animali. Gli animali erano tutti riuniti in branchi, ognuno della propria specie. Le tigri vivevano con le tigri. I leoni andavano a caccia con i leoni. Le zebre scappavano da questi ultimi insieme alle altre zebre. Le giraffe allungavano i loro colli per mangiare. In compagnia di chi? Di altre giraffe, nessuna sorpresa. L’elefante passeggiava con l’elefante, il serpente sibilava con il serpente e il coccodrillo… be’, il coccodrillo chiacchierava qualche volta con il caimano, ma solo di rado.
Ogni animale viveva con quelli della propria specie, con i propri simili e tutti credevano che fosse il volere della natura.
Tuttavia, si sa come fa.
La natura, intendo. Essa è imprevedibile, cambia idea da un momento all’altro. Un attimo prima c’è il sole e un attimo dopo piove. Quando il cielo è azzurro sembra sempre uguale, ma provate a osservarlo allorché si ricopri di nuvole.
E’ ogni volta diverso, non è vero? Magari qualcuno vi dirà che un cielo nuvoloso è un cielo nuvoloso, nulla di particolare, ma non è affatto così e chi ha occhio e mente libera lo sa bene.
Un fiume in piena cambia di continuo al ritmo dell’acqua che vi scorre. Non sai mai con certezza quando finirà la danza di una foglia sospinta dal vento. E una rondine che spicca il primo volo della sua vita proverà sempre emozioni irripetibili e uniche.
Perciò, un bel giorno, nella foresta le cose iniziarono a cambiare. Nessuno seppe chi fu il primo. Ancora oggi c’è chi sostiene che sia stata la gazzella. Qualcun altro afferma che fu l’ippopotamo. Altri ancora sono sicuri che sia stata l’aquila. Chi può dirlo? Sta di fatto che gli animali cominciarono a non stare solo con quelli della propria specie.
La tigre faceva il bagno col leone, la zebra prendeva il sole con il gorilla, la giraffa sussurrava storie al rinoceronte e questi le raccontava al ghepardo, che andava sempre di corsa, ma quando c’era da ascoltare una bella storia aveva sempre tempo. E nella foresta arrivarono altri animali. All’inizio li chiamarono animali misti. In seguito divennero animali e basta.
Tuttavia, per ogni grande cambiamento ci vuole tempo ed è o non è la scuola il luogo delle grandi trasformazioni? Era l’inizio dell’anno scolastico e la maestra, la lucertola, era pronta a dare il via al primo giorno di lezione. In realtà si trattava della supplente, perché la titolare, la civetta, era a casa con un tremendo raffreddore.
“Eh certo”, brontolò suo marito il gufo, “te ne vai a fare il surf in ottobre… Guarda che l’estate è finita. Che poi, non s’è mai vista una civetta che faccia il surf…”
Parole inutili, perché niente avrebbe potuto distogliere sua moglie dal fascino delle onde e anche per questo motivo durante buona parte dell’anno scolastico era assente per malattia, mentre in classe c’era la lucertola.
Quest’ultima salutò i cuccioli presenti, i quali si erano già accorti dei nuovi compagni. Nuovi in tutti i sensi, non so se mi spiego. Infatti la maestra si accinse subito a presentarli: “Buongiorno. Prima di tutto vi mando i saluti della signora civetta. Non è affogata neanche stavolta, state tranquilli. Ha sette vite come i gatti, quella… Che? Cosa dici, micina? Ma no, sette vite è solo un modo di dire. Allora, come vedete, quest’anno vi farete dei nuovi amici e ora ve li presento come si deve. Lupetto, non fissare così il tuo compagno di banco. Non hai mai visto un tigrone? Eh no, lo credo, è appena arrivato.
“Dovete sapere che il tigrone nasce dall’unione di una tigre e un leone ed è un mammifero. Ha un peso che può arrivare fino agli ottocento chili, superando di gran lunga il leone e soprattutto la tigre. Tuttavia, ad essere onesti, il tigrone non è esattamente più grosso della tigre, bensì più grasso. Mentre i suoi genitori sono dei carnivori e temibili predatori, il tigrone non solo è vegetariano, ma si nutre esclusivamente di pasta. Spaghetti aglio, olio e peperoncino, bucatini all’Amatriciana, orecchiette alle cime di rapa, il nostro non si fa mancare nulla. Altro particolare che lo differenzia da papà e mamma è la coda, la quale è lunga appena dieci centimetri e termina con un ciuffo peloso molto più folto del normale, che l’animale usa come cuscino per la testa, durante i suoi lunghissimi sonnellini.
“Il tigrone, come il leone, ha la criniera ma non è di certo paragonabile a quella del re della foresta. Gli scienziati ancora oggi si chiedono come sia possibile che l’animale mostri sul capo sin dalla nascita una perfetta chioma in stile rasta, ovvero un intricato cespuglio di treccine degne del celebre musicista giamaicano Bob Marley. Ciò nonostante, è il manto a rendere il tigrone un animale unico. Se da una parte quest’ultimo abbia ereditato il colorito marrone del leone, le classiche strisce della tigre si alternano su tutte le tonalità dell’arcobaleno. Il tigrone è una creatura socievole, tuttavia diviene estremamente nervoso e ostile nei confronti degli umani solo in un caso: quando sbagliano i congiuntivi.
“Si narra che tale scoperta fu fatta da un famoso scienziato naturalista – di cui non facciamo il nome per discrezione – il quale si avvicinò a un cucciolo di tigrone offrendogli quale segno di pace un piatto di tagliatelle pomodoro e basilico, salutandolo con tali parole: «Ciao, piccolo. Facciamo amicizia? Se tu ‘saprebbe’ quanti chilometri ho fatto per incontrarti…»
“Ovviamente avrebbe dovuto dire se tu ‘sapessi’, poiché ‘saprebbe’ è un condizionale, mentre lì ci andava il congiuntivo. Lo scienziato fece comunque conoscere al mondo il tigrone, tuttavia, si beccò un morso sul sedere a causa del quale, ancora oggi, fa fatica a sedersi.
“Ora date il vostro benvenuto anche alla zebrilla, nata dall’unione di una zebra e di un gorilla. È anche lei un mammifero e come altezza ha ereditato quella del gorilla, circa un metro e settanta, ma il peso è decisamente minore, rendendolo un animale snello ed elegante. Difatti, sebbene fisicamente ricordi il gorilla, la zebrilla ha preso dalla zebra il classico manto bianco a strisce nere – o forse è il contrario? - e l’aggraziata linea di quest’ultima. Inoltre ha gli zoccoli alle zampe posteriori e le zampe da scimmia come arti anteriori, divenendo l’unico animale al mondo capace di galoppare e allo stesso tempo sbucciarsi una banana. O anche scaccolarsi, ma questo lo fa quando è da sola o presume di esserlo.
“Il branco delle zebrille è indubbiamente di tipo matriarcale. Secondo un caratteristico rituale le femmine si contendono lo scettro sfidandosi tra loro in estenuanti gare di barzellette, tutte rigorosamente sui maschi. Questi ultimi si limitano ad osservare la scena grugnendo o facendo gli indifferenti, quelli che ci riescono. Tuttavia, anche il maschio della zebrilla ha un ruolo importante nel branco. Adesso non mi sovviene, ma c’è, deve esserci.
“La zebrilla mangia di tutto, è praticamente onnivora. Tuttavia non offritele mai delle frappe, quei buonissimi dolci che si mangiano a carnevale. L’animale, una volta assaggiata la frappa, inizia a venirvi dietro, declamando a voce alta previsioni del tempo a casaccio e non vi molla più, seguendovi fin dentro casa. La cosa va avanti per un mese, e ho detto tutto.
“Nondimeno, a parte questo bizzarro particolare, la zebrilla è una creatura solare e aperta al dialogo. A chi interessa, i suoi argomenti preferiti sono i telefilm della mattina e la soppressata.
“Seduto dietro di lei c’è il giraffonte, il quale nasce dall’unione di una giraffa e un rinoceronte, ed è un mammifero. Come la giraffa, è il più alto fra gli animali, raggiungendo i cinque metri d’altezza. Fisicamente appare come una giraffa con il manto del rinoceronte e il corno di quest’ultimo sulla sommità del muso.
“Il cibo preferito del giraffonte sono le mele cotte. Voi vi chiederete: ma come farà a prepararle? Semplice: il giraffonte si avvicina al melo, infilza un frutto col corno e poi si accuccia sotto il caldo sole di metà mattina. Quando è ora di pranzo, la mela è ben cotta e pronta per essere gustata. Talvolta, accade però che il giraffonte si addormenti e l’aquilone, altrettanto ghiotto di mele cotte, arriva di soppiatto e gliele ruba. Non l’aquilone, quel coso che vola con il vento, sia chiaro. Dell’aquilone, l’animale nato dall’incrocio tra l’aquila e il procione, parleremo più avanti.
“Tornando al giraffonte, gli altri animali della foresta lo chiamano stampellone, pertica o – con nessuna fantasia – anche giraffone, ma sempre alle spalle, perché se li sente gliene dice quattro e non solo.
“Chi lo conosce sa che il nostro è un animale gentile, ma diventa molto suscettibile laddove si faccia dell’ironia sulla sua altezza. La ragione principale è che ha una vista molto ridotta, anzi, diciamo pure che è cieco come una talpa e spesso, quando passeggia nei boschi, rimane impigliato con il corno in qualche ramo di quelli flessibili, il quale – una volta liberato – nel movimento di ritorno lo colpisce sistematicamente sulla nuca. Difatti tutti i giraffonti adulti possiedono un nodoso livido su quella zona del capo.
“Ovviamente, i più attenti tra voi si saranno posti un’altra domanda: se il giraffonte ci vede così male, come fa ad infilzare le mele con il corno? Semplice anche questo. Con pazienza. Molta pazienza.
“Come vi avevo preannunciato, altra new entry nella nostra classe è l’aquilone, il quale – come già detto – nasce dall’unione dell’aquila e il procione. Il corpo dell’animale appare come quello di un procione, con il becco dell’aquila e due piccole ali ufficialmente funzionanti, nonostante ciò che affermi l’aquilone stesso. Difatti, quest’ultimo sostiene che quelle che ha sulla schiena non siano ali, bensì dei ventagli con cui rinfrescarsi dalla calura estiva. La verità è che l’aquilone ha una fifa matta di volare, cosa che fa solo in determinate occasioni: quando è raffreddato o se ha la febbre superiore ai quaranta gradi. Anche quando erutta un vulcano e sta per essere investito da un fiume di lava, se vogliamo dirla tutta, ma questo finora non gli è mai successo, perciò non abbiamo la controprova.
“L’aquilone ha una lunghezza che varia tra i quaranta e i settanta centimetri e ha una coda che può arrivare sino ai cinquanta. La coda, poi, possiede una peculiarità unica, poiché negli aquiloni che fanno fatica ad addormentarsi è in grado di suonare delle ninne nanne deliziose.
“L’esploratore che ha scoperto tale meraviglia ha faticato molto a registrarne una, poiché ogni volta si appisolava anche lui. Eppure la moglie gli aveva suggerito di portarsi i tappi per le orecchie ma egli aveva risposto come suo solito: che lui era l’esperto e gli esperti sapranno da soli cosa devono portarsi.
“L’aquilone è un predatore, ovvero, vorrebbe esserlo, tuttavia ogni volta che catturi una vittima, quest’ultima inizia a singhiozzare, tirando in ballo la nonna malata, i figli con la tosse e la tana sotto sfratto. Il nostro, che è un sentimentale senza paragoni, si intenerisce e rimane a bocca asciutta, lasciando andare l’animale catturato, felice dello scampato pericolo. Tuttavia, ogni mattina del suo compleanno l’aquilone esce di casa e trova sulla soglia un vassoio di carni miste cotte alla brace con olio e rosmarino. Eppure, ancora oggi, non c’è aquilone sulla terra che abbia compreso chi sia l’autore del succulento dono. Ma voi l’avete capito, non è così?
“Vero miracolo della natura, a dimostrare che l’amore superi ogni distanza, è di sicuro la vostra nuova compagna, al primo banco vicino alla finestra: la farfallucca, la quale nasce dall’unione tra la farfalla e la mucca.
“Come potete vedere, appare come una normale mucca con le tipiche ali della farfalla, nel suo caso grandi come quelle di un’aquila. I colori delle ali possono variare e caratterizzano l’animale in maniera fondamentale. Difatti la farfallucca, a differenza della mucca, è sempre un mammifero, ma non dà latte e offre ben altri tipi di bevande, a seconda del colore delle ali. Ad esempio, la farfallucca dalle ali marroni, se munta d’estate, regala del buon cioccolato caldo, per giunta già zuccherato. Un esemplare dalle ali arancioni fornisce ovviamente aranciata. Amara quando l’animale si è svegliato con la luna storta. La farfallucca con le ali nere fa un incredibile caffé alla napoletana mentre quelle con le ali rosse producono un succo d’amarena delizioso. E così via, attraverso tutta la scala cromatica, questo straordinario animale è in grado di soddisfare le gole di ciascun bevitore di questo mondo.
“Le farfallucche, poi, sono speciali anche per i loro gusti in fatto di alimentazione. Sono erbivore, tuttavia, il loro cibo preferito sono le uova di pasqua. Le farfallucche ne sono talmente ghiotte che quando giunge il periodo dell’anno preposto, arrivano perfino a rubarle, nei supermercati come dalla tavola delle famiglie, le quali sono invitate a tener ben chiusa la finestra prima di scartarle. Molti non sanno però che il vero motivo di tanto apprezzamento risiede in quei ripieni croccanti nascosti nelle uova, che gli umani chiamano sorprese.
“Nonostante l’eccezionalità di queste caratteristiche, la vera peculiarità della farfallucca risiede in una sua ossessione: quella per la figurina dell’orsetto lavatore. Da quando sono comparse sulla terra, le farfallucche cercano invano di terminare l’album degli animali. Gli manca solo quella dell’orsetto e ci sono alcune che sono disposte a promettere bevande gratis a vita, pur di riuscire nell’impresa di completare la collezione.
“Un consiglio: non tentate di imbrogliarle offrendo loro un’imitazione perché si arrabbiano di brutto. Ci ha provato l’aquilone, che così ha trovato un altro motivo per ricordarsi come si vola.
“Altro nuovo arrivo è l’elefantuzzo, che nasce dall’unione tra un elefante e lo struzzo. Come quest’ultimo non sa volare. Piuttosto, quando dorme russa che sembra che stanno facendo i lavori nell’appartamento a fianco, invece è l’elefantuzzo. Lo so, non c’entra nulla con il volo, ma provateci voi a cercare di riposare con un elefantuzzo che russa a pochi metri da voi e poi mi direte.
“Fisicamente è un elefante con le piume dello struzzo e il becco di quest’ultimo al posto della proboscide. Ha le zanne del pachiderma, ma sono di gomma, come quelle dei giocattoli, e per tenere alla larga i cacciatori d’avorio alcuni esemplari indossano una t-shirt con su scritto:
ZANNE FINTE.
AD OGNI MODO, PROVA A PRENDERMELE E TI FACCIO IL SEDERINO A STRISCE!
L’elefantuzzo non ha le ali, ma lui è sicuro di averle. Difatti, puntualmente il branco presenta il proprio campione all’annuale gara di volo e la giuria si rifiuta di accettarne l’iscrizione, motivando la propria decisione con il fatto che non basta essere uccelli per partecipare, altrimenti ci rimane male la gallina. Oltretutto, si tratta di una gara di volo non di pennuti e basta. Ciò nonostante, gli elefantuzzi si sono convinti che si tratti di una discriminazione bella e buona, poiché la gallina non ha mai manifestato il desiderio di iscriversi. Il tacchino sì, ribatte spesso la giuria e la polemica s’infiamma.
“Gli elefantuzzi mangiano di tutto, ma il loro alimento preferito è il pop corn. Ovvero, questo è quello che affermano loro. Il fatto è che gli elefantuzzi non l’hanno mai mangiato in vita loro, ma sono certi che ne andrebbero matti.
“Come l’elefante, anche l’elefantuzzo ha una memoria particolare, detta memoria fortunata.
“In realtà non ricorda proprio tutto, anzi, quasi nulla, ma si butta e ci prende spesso.
“Per quanto riguarda l’abitudine dello struzzo di nascondere la testa sotto la sabbia - che peraltro è una leggenda, poiché l’uccello abbassa solo la testa in terra per sembrare un cespuglio e ingannare i predatori – l’elefantuzzo ribalta completamente il concetto. Acchiappa il predatore, scava una buca e mette quest’ultimo con la testa sotto la sabbia. Così impari a spaventare gli struzzi, gli strilla subito dopo.
“Seduto al banco alla sua sinistra c’è il pecorillo, che nasce dall’incrocio tra la pecora e il coccodrillo. Il suo corpo ha praticamente forma identica a quella del rettile, tuttavia, al posto delle squame indossa un morbido maglione di bianca lana vergine della migliore qualità. Le zampe sono ricoperte di vero Jeans di marca e la coda è avvolta in un tessuto che è stato riconosciuto essere puro cashmere. Ragion per cui, il pecorillo è un animale di un vanitoso estremo e sono famose nella foresta le sfilate di moda di pecorilli.
“In genere il pecorillo è un animale che se la tira assai e ha nel cinghiale un nemico temibile. Difatti, quest’ultimo ha il vizio di mettere del sonnifero nel suo cibo, tosarlo da capo a zampe e farsi un abito con i vari tessuti.
“Spesso i cinghiali sono stati messi alle strette dai pecorilli, i quali li hanno denunciati più volte al leone, tuttavia – da quando nella foresta hanno aperto i grandi magazzini – il cinghiale afferma di aver comprato lì il vestito e il processo viene archiviato.
“A proposito di cibo, il pecorillo si nutre esclusivamente di alimenti liquidi in quanto completamente sdentato. Inoltre, al compimento della maggiore età ogni esemplare riceve in dono dal branco una cannuccia di bambù, che rappresenta un importante fase di passaggio. La cannuccia è un oggetto personale, intimo, sacro. E’ lei a scegliere il pecorillo e non il contrario, recita sempre il capo branco prima di farne dono al prescelto.
“In realtà, il vero motivo è che i pecorilli sono esageratamente schifiltosi e nessuno di loro userebbe la cannuccia di un altro. Piuttosto rimarrebbe digiuno per una settimana.
“Il pecorillo ha un buon rapporto con gli essere umani, tuttavia, a differenza delle pecore, non è proprio il caso di cercare di tosarlo, poiché diventa una bestia. Cioè, lo è già una bestia, ma ci siamo capiti. Il cinghiale usa il sonnifero, è vero, ma è un sonnifero speciale e l’animale è disposto a cederlo per non meno di un milione di euro. Lo capite da voi che non vale la pena spendere tale cifra per un maglione.
“E’ con piacere che ora vi presento la pappagatta, la quale nasce ovviamente dall’unione tra un pappagallo e una gatta. Si tratta, in pratica, di una gatta variopinta come il pappagallo e con il becco invece del normale muso del felino. Non ha le ali e quindi non vola, ma possiede il patentino da pilota, sebbene nessuna compagnia aerea abbia accettato finora di affidargli uno dei suoi apparecchi.
“Come il pappagallo, anche la pappagatta fa parte dei cosiddetti uccelli parlanti, come le gazze, i merli indiani e il falco chiacchierone, che non è stato ancora scoperto perché parla solo a bassa voce. Tuttavia, mentre il pappagallo ripete parole o brevi frasi ascoltate dall’uomo, le pappagatte fanno lo stesso ma con un pizzico di fantasia in più. Cioè, diciamola tutta: s’inventano tutto di sana pianta, causando non pochi problemi agli esseri umani che decidono di tenerle con loro. Difatti sono spesso causa di litigi tra famigliari e vicini di casa. Che so, vi viene a trovare la suocera e la pappagatta se n’esce con frasi tipo è arrivata la scocciatrice, chiudi quella ciabatta, vecchia megera o quando se ne va apriamo lo spumante.
“Il cibo preferito della pappagatta sono le merendine. A suo avviso una tira l’altra e quando arriva la primavera è puntualmente costretta a correre ai ripari con diete miracolose in sette giorni per far scomparire l’odiata cellulite. Per questo motivo, tra aprile e l’inizio dell’estate i boschi e i parchi nazionali sono letteralmente invasi da pappagatte che corrono, altre che fanno piegamenti per gli addominali, altre ancora che si esercitano in massacranti serie di flessioni. Il tutto inutilmente perché fin dalla sua comparsa non esiste pappagatta che abbia compreso che insieme alla ginnastica deve anche smettere di trangugiare montagne di merendine.
“Un’ultima cosa: come il gatto, anche la pappagatta fa le fusa, ciò nonostante non lo fa per il motivo che pensate voi. Cioè, quando la tenete in braccio, al caldo, dimostrandole il vostro affetto, lei è si contenta ma se inizia a fare quel caratteristico rumorino è perché sta per fare quella grossa.
“Ora salutate il cavallone, che nasce dall’unione di un cavallo e il pitone. Il nome potrebbe essere equivocato e difatti il cavallone, quando si presenta, è da sempre abituato ad aggiungere: sono l’animale, non l’onda del mare che s’infrange con violenza sulla riva.
“Col tempo si è limitato a dire l’animale, non l’onda, perché ha capito che è sufficiente.
“Fisicamente il cavallone è un cavallo con la pelle del pitone. Tuttavia, non ha ereditato solo il manto del serpente. Difatti, proprio come quest’ultimo, il cavallone striscia. Sì, avete capito bene. Nonostante abbia gli zoccoli e galoppando andrebbe sicuramente più veloce, il cavallone preferisce strisciare. Questione di stile, dice lui. Oppure sarà che gli prude quasi sempre la pancia e così muovendosi nel frattempo la gratta, ma questa a suo dire è solo una calunnia.
“Il cavallone, a differenza del cavallo, non ama essere cavalcato. Alcuni affermano che neanche il cavallo ne sia così contento, nondimeno, si narra che un giorno, un famoso e indomito fantino provò a salire in groppa ad un giovane esemplare di cavallone. Quest’ultimo non solo lo disarcionò facendolo cadere in terra ma addirittura lo costrinse a trasportarlo a sua volta, apostrofandolo con tali parole: «Ti peso, caro? Lo vedi adesso cosa vuol dire essere il cavallo, il destriero, il ronzino, eccetera?»
“Il cavallone ha un nitrito esattamente uguale a quello del cavallo, ma questo non lo dite davanti a lui, poiché afferma di essere molto più intonato. Anzi, alcuni cavalloni sono sicuri di saper cantare delle vere e proprie ballate country invece è solo un nitrito. Speriamo che nessuno di loro legga questo racconto.
“Il cibo preferito dei cavalloni è il riso che si lancia ai matrimoni. Difatti non se ne perdono uno e spesso tentano di imbucarsi anche al rinfresco per mangiare la torta. Sfortunatamente non riescono mai a convincere qualcuno di essere tra gli invitati e vengono sistematicamente messi alla porta. Tuttavia, almeno il riso lo gustano, perché quando dopo la cerimonia vanno tutti via, il pavimento ne è pieno. Così avete scoperto perché il giorno dopo non se ne trova neanche un chicco.
“Infine fate ciao all’ippolletta, la quale nasce dall’unione di un ippopotamo e una cavalletta. Fisicamente, l’ippolletta appare come un ippopotamo grande come una cavalletta e le ali di quest’ultima. Per quanto si sforzi l’animale non riesce ad alzarsi da terra, in quanto il peso non glielo permette, tuttavia, molte ippollette sono convinte di non riuscire a volare a causa di una maledizione inflitta loro dalla maga sottiletta. Gli esemplari più razionali della specie si sono impegnati tanto nel tentare di convincere quelli più superstiziosi che la maga sottiletta non esista - la maga mozzarella sì, la strega dei provoloni pure, ma la maga sottiletta non s’è mai vista - ciò nonostante il dibattito è ancora oggi molto acceso.
“A parte questa credenza, sulla cui veridicità non voglio esprimermi, le ippollette sono animali abbastanza concreti e con i piedi per terra, tranne quando si parli del noto Reality Show, L’Isola delle ippollette. In occasione delle consuete audizioni si forma una fila enorme, per non parlare delle sere quando vengono trasmesse le varie puntate. Non c’è un’ippolletta in giro per la foresta, neanche a pagarla oro. Nondimeno, anche su questo tema la questione è controversa, poiché dato che la televisione nella foresta non prende perché non c’è né l’attacco della corrente e tantomeno quello dell’antenna, nessuna di loro ha mai visto una sola volta la trasmissione. Perciò, alcune ippollette insinuano che quella del giraffonte – il quale organizza ogni anno le audizioni in cambio ovviamente di mele cotte – sia solo una truffa e che L’isola delle ippollette sia una grande presa in giro.
“Chi lo sa? Forse un giorno si scoprirà la verità.
“Come le cavallette, anche le ippollette saltano, ma a causa della maggior mole fanno molto più rumore. Ricorderete sicuramente la notizia che uscì su tutti i giornali, quella della lite tra la scarabeo netturbino e l’ippolletta che voleva vincere la medaglia d’oro. Per chi non se la rammenta, in pratica lo scarabeo, siccome lavorava di notte per pulire la foresta, tentava di dormire di giorno. Tuttavia, sempre di giorno si allenava l’ippolletta che abitava ad un passo da lui, per la precisione per la gara di salti sul posto, specialità recentemente inserita alle olimpiadi animalesche. Ora, un ippopotamo grande come una cavalletta che salta sul posto noi lo sentiamo appena ma per un animale delle dimensioni di uno scarabeo è un vero terremoto. Il litigio lo udirono tutti gli animali nel bosco, ciò nonostante qualcosa di inaspettato accadde tra i due: si innamorarono. Così, nacque un altro animale, l’ipposcarabolletta. Quest’ultima sapeva saltare sul posto come nessuno al mondo, ma senza fare alcun rumore. Gli scienziati ancora oggi si chiedono come ciò sia possibile. Già, cuccioli miei, com’è possibile? Probabilmente c’entra l’amore e non la scienza. Forse l’amore è responsabile di molte altre meraviglie della vita e ci permetterebbe di capirle all’istante senza perdere inutilmente tempo in discorsi senza via d’uscita. Chi può dirlo? Magari sarete voi a vedere per primi il tigrone e la zebrilla per quello che sono veramente e non per quello che i grandi hanno bisogno che siano. Conoscerete di persona il giraffonte e l’aquilone e vi farete finalmente un’idea di loro che sarà vostra e non inventata da altri. Stringerete la zampa o lo zoccolo alla farfallucca e l’elefantuzzo e scoprirete che l’amicizia è un valore per tutti gli esseri viventi. Poi guarderete negli occhi il pecorillo e la pappagatta e saprete cosa vedono di voi, un regalo incredibile che solo l’incontro con la diversità sa offrire. Quindi giocherete e vi divertirete con il cavallone e l’ippolletta, accorgendovi che quella era l’unica cosa da fare, fin dall’inizio. Perché siamo tutti un po’ misti di qualcosa. Ed è questo il bello.”
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