Quelli che non ci sono
di
Alessandro Ghebreigziabiher
C’era una volta una classe.
Anzi, non c’era.
C’è, c’è sempre.
Da qualche parte c’è.
E’ lì.
Io la vedo e l’hai vista anche te.
Anche solo un pezzetto.
Per un istante, pure breve e distratto.
Dimentica il tuo, di banco, e guardati in giro, se non mi credi.
Sì, lo so, sei all’inizio del viaggio ed è normale e giusto che il protagonista sia tu e solo tu.
Ma la storia ha bisogno di incontri e scontri.
Di eroi consapevoli della fortuna dei primi e, specialmente, senza covar vani timori verso i secondi.
La storia ha bisogno degli altri, altrimenti non v’è racconto.
Soprattutto di quelli che non ci sono.
Sì, è proprio di quella sedia vuota, che sto parlando.
Già, quella lì, al terzo banco.
No, non è in ritardo.
Il tempo non è mai stato un problema per lei.
E non ha neanche sbagliato classe.
La sbadataggine è sempre stato l’ultimo dei problemi, per lui.
Vuoi andare avanti?
Vuoi davvero scoprire cosa dicano gli spazi vuoti tra una riga e l’altra?
Allora, alzati e molla la tua, di sedia.
Senza muoverti da lì, tranquillo, è roba di magia.
Nessuno se ne accorgerà, per ora.
Immagina un’altra classe e osservala.
Come se ci fosse davvero.
O meglio, come se avessi sul serio la capacità e l’umanità di vederla.
Ci sono tutti.
Quelli che non ci sono, sono tutti presenti.
Hanno grembiuli e quaderni, libri di testo e voglie, esattamente come te.
E’ solo che avevano bisogno di una classe.
Un’altra.
Dove non fossero solo una sedia vuota.
Una testa fuori giri.
E una incontenibile brama di gridare.
Il terrore di essere capiti, del tutto.
E la certezza di aver capito, proprio tutto.
Una pancia fragile come carta velina.
E le mani come foglie al vento, capaci di far qualsiasi cosa.
Tranne che proteggere il tenero.
Martoriato da un destino cieco.
Ora riprendi pure il tuo posto nel mondo che c’è.
Ritorna.
E sappi che un giorno anche loro torneranno.
Questo dice l’orizzonte, il loro.
E’ che ancora non lo sanno.
Ma ora anche tu lo sai.
E stavolta, tutti se ne accorgeranno.
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