Le casette per tutto l’amore che c’è
di
Alessandro Ghebreigziabiher
C’era una volta una scuola.
Nella scuola c’era una classe.
Come tante.
La classe aveva un maestro.
Confuso.
Come molti.
Il maestro confuso decise di trovare le risposte che cercava proprio da coloro i quali avrebbero dovuto aspettarsele da lui.
Ovviamente, si avvalse dei preziosi vantaggi del linguaggio semplice delle esistenze incontaminate.
“Bambine e bambini”, disse avvicinandosi alla lavagna. “Oggi vi propongo una specie di indovinello. Immaginatevi un mondo dove soltanto due tipi di figure possano decidere di amarsi e costruire insieme una casa: un quadrato e un triangolo:
“Disegnate ora le casette che ne verrebbero fuori.”
I piccoli alunni apprezzarono quasi tutti all’unisono la possibilità di risolvere il problema con colori e matite, forse perché alla loro età è come liberare un uccellino dalla gabbia.
Osservando le varie creazioni degli studenti, il maestro confuso si rese conto che, sebbene con tonalità differenti, le case avevano più o meno tutte questa forma:
Lodò comunque i bambini per il lavoro svolto, soprattutto per l’originalità dei colori. Si riavvicinò quindi alla lavagna e disse: “Adesso mettiamo che, in quello stesso mondo, il diritto di amarsi e costruire una casa sia dato anche a due triangoli:
“E due quadrati:
“Quali casette ne verrebbero fuori, stavolta?”
I bambini esitarono un po’ tutti osservando la lavagna con espressioni perplesse.
In quel momento il maestro confuso iniziò a sentirsi terribilmente in colpa, temendo di aver trasferito la propria confusione anche a loro.
Niente di male, capita a più adulti di quanti se ne possano effettivamente contare di confondere un bambino smarrito con uno concentrato. Ma anche uno arrabbiato con uno pensieroso e uno depresso con uno semplicemente calmo.
Ci vorrebbero degli occhiali con delle lenti magiche in grado di ridurre la paura nel cuore.
Pochi istanti e gli alunni si misero al lavoro.
Per tutta la mattinata il silenzio dell’aula fu riempito da un febbrile sfregare di matite sulla carta e un convulso sfrigolio di temperini sulle punte.
Allo stesso tempo, il miracolo iniziò a compiersi, perché man mano che il tempo scorreva il maestro diveniva sempre meno confuso e sempre più curioso.
Emozionato e perfino orgoglioso.
Poco prima della campanella finale, dopo aver ammirato i disegni, applaudì l’intera aula e pronunciò una sola parola.
Fu la prima volta che un maestro confuso disse grazie ai propri studenti, felice di aver rammentato che l’amore è come la fantasia.
Solo chi ne ha tanto da offrire può capirlo appieno.
Quindi prese le opere dei bambini e con esse tappezzò l’intero corridoio, a futura memoria.
Casa Obliqua (con scivolo incorporato a sinistra e ombra perenne a destra, consigliata sia per giornate nevose che particolarmente assolate ) |
E tante, tantissime altre.
Per tutto l'amore che c'è...
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