Ridatemi il piacere di perdere
di
Alessandro Ghebreigziabiher
“Sì… e tu quando vai?”
“Più tardi”, rispose la donna mentre impacchettava le cibarie. “Quando torniamo dalla gita passiamo dal seggio.”
Solo mentre l’uomo si lasciò andare sul divano, la compagna si accorse della sua espressione smarrita.
“Tutto bene?”
“Sì…”
“Non sembra.”
“No, è che poco fa al seggio è successa una cosa strana.”
“Che cosa?”
La donna mollò i preparativi per la scampagnata e andò a sedersi accanto al marito.
“Sono entrato con la mia scheda e documenti tra le mani, pronto per assolvere al mio dovere di cittadino modello.”
“Bravo. E allora?”
“Allora, aspetto il mio turno. Più tardi, quando mi chiamano prendo le varie cedoline con la matita e mi avvio alla cabina.”
“Tante cedoline, stavolta, vero?”
“Tantissime.”
“E poi?”
“E poi, finalmente trovo il simbolo che cercavo, stavo per mettere la mia crocetta quando ho sentito urlare nella stanza.”
“Un attentato? I terroristi?”
“No, ma quale attentato. Era solo una ragazza…”
“Una pazza?”
“Non lo so, a questo punto non so più nulla.”
“Racconta, sono curiosa.”
“Ebbene, non capendo cosa urlasse la tipa, sono uscito dalla cabina e ho visto questa giovane che avrà avuto al massimo vent’anni, tutta spettinata e con gli occhi fuori dalle orbite, in piena crisi isterica.”
“Una matta.”
“Non lo so, te l’ho detto. Non so più cosa pensare, adesso.”
“Ho capito. Ma dimmi della ragazza.”
“La ragazza gridava.”
“E cosa gridava?”
“Non ho capito molto, perché era veramente fuori di sé…”
“Una sciroccata.“
“Insomma, ma possibile che la follia sia l’unica ragione che hai per spiegare le cose insolite?”
“E se tu non mi racconti tutto…”
“Scusa, è che sono ancora confuso.”
“Dimmi almeno quello che hai colto.”
“D’accordo.”
L’uomo si alzò in piedi e si pose nel mezzo della stanza, come per mettersi letteralmente nei panni della giovane.
“Era arrabbiata…” mormorò facendo mente locale con la fronte aggrottata allo spasimo. “Molto arrabbiata e ce l’aveva con tutti i presenti. A un tratto ha guardato con ira anche il sottoscritto. Diceva… diceva di non essere come noi. Che non gli importava di vincere, che quelle come lei avrebbero sempre perso, che lo aveva capito ma che… che sì, lo aveva accettato e le stava bene. Che non è importante se vinci e perdi, ma come vinci e soprattutto come perdi.”
“Ma perché era così in collera?”
“Perché ha detto… adesso ricordo, che riempiendo lo schermo solo di una folla di mezzi vincitori, tutti sorridenti e trionfanti comunque vada, le abbiamo tolto l’unica cosa che avesse.”
“Cosa?”
“Il piacere di una dignitosa sconfitta.”
“Ecco, avevo ragione. Era una pazza, no?”
“Non lo so. Dopo stamattina non so più cosa pensare…”
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