Cosa nascondiamo
di
Alessandro Ghebreigziabiher
Il traffico, quel mattino, era congestionato, come si suol dire.
Lo era già di suo, ogni giorno.
Senza favorevoli sorprese.
Eppure, siam tutti lì, fedeli all’appuntamento con la coda.
Della fiera, la cui testa, ove albergano ragione e quant’altro, nessuno mai vedrà.
Cosa nasconde.
Subito dopo l’intervento della pubblica, quanto temuta forza, con la colonna di incalcolabile misura e collera alle spalle dell’ingombrante intruso sulla via, un muro di clacson si levò rabbioso, sino a consumar batterie e ultimi scampoli di pazienza.
In effetti, a onor del vero, il camion era di dimensioni inaccettabili, soprattutto la parte delegata al carico, come una colossale balena su ruote dalla pancia illegale.
Non per ingordigia, sia ben chiaro, e neppure per occultar ragazzini dalla menzogna facile di legno intessuti.
Talvolta è solo colpa della fame, ovvero un insopprimibile bisogno di cercar spazio e attenzione.
“Scendete dall’abitacolo”, ordinò la guardinga guardia ai due a bordo.
Ragazzo e ragazza, sorella e fratello, strani ed estranei, a guardarli con crescente curiosità, seppur superficiale.
“Dove vi credete di andare con questo coso?” chiese più sorpreso che indignato il prezioso incaricato all’ordine stradale.
Nessuna risposta.
Silenzio.
Incomprensione, probabilmente, da entrambe le direzioni, però.
“Capite ciò che dico?”
Idem come sopra e, premetto, anche sotto.
“Documenti, prego.”
Preghi pure, amico in divisa, sembrano replicare in coro le espressioni assenti dei due giovani.
Si unisca a noi altri, che già lo facciamo dall’inizio del comune racconto.
Nel mentre, stanchi di tormentare le rispettive armi sonore, gli infastiditi spettatori nelle retrovie abbandonarono man mano i propri mezzi e, in un frastuono di sportelli chiusi con livore e veementi borbottii, si avvicinarono alla ragione dell’inciampo sull’abituale percorso.
“Pure senza documenti?” appurò il vigile agente. “Aprite subito il retro di questo gigantesco ordigno.”
Sotto gli occhi del solerte funzionario e della folla montante ira e intolleranza a buon mercato i due abbozzarono un sorriso.
Il signore dei semafori sembrò quasi apprezzare la prima evidenza di effettiva comunicazione con i due indiscutibili alieni.
“Vi fa ridere? Bene, andiamo bene. Forza, venite con me al portellone posteriore e vediamo cosa nascondete.”
I due ragazzi, sorella e fratello, estranei perché strani, obbedirono alla richiesta.
Quasi attesa.
Si scambiarono uno sguardo complesso, complice e malinconico allo stesso tempo.
Lei portò una mano sulla spalla di lui, come per infondergli la necessaria dose di ulteriore coraggio e il compagno aprì lentamente lo scrigno del loro tesoro.
Il bagaglio di una vita.
Anzi, di molte.
Di seguito, occhi sgranati e sollievo, paure sedate e angosce rimandate.
“Ma è vuoto…” osservò una voce tra i presenti.
Già, lo è, come il cuore che non vede e non duole.
Al contempo è, o meglio, era pieno di cose mai viste prima.
Di sogni e speranze indescrivibili.
Di colori fuori da ogni spettro ammissibile e di forme non tracciabili dalle matite monche di immaginazione ribelle.
Di invisibili magie che ora son libere di viaggiare ovunque...
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