L’invasione
di
Alessandro Ghebreigziabiher
È una bella giornata di prima estate.
Il sole è caldo, ma non troppo, la stagione in corso mantiene le promesse, così come hanno fatto le previsioni la sera prima.
D’altra parte, come dice sempre Giulia, possiamo permettere a una vocetta del cellulare, per quanto reciti con perfetta dizione le indicazioni metereologiche, di decidere cose fare del nostro tempo?
In ogni caso, quindi, alle prime ore del mattino di quel santo sabato avrebbe caricato in macchina ombrellone, secchielli e palette, nonché figliolanza al completo, per recarsi alla spiaggia più vicina.
Al netto del balneabile, ovviamente.
Tuttavia, oggigiorno non sei più al riparo da loro.
Gli antivirus umani, auto arruolatisi nelle file dei guardiani della sicurezza globale.
Difatti, non appena la donna ha sistemato le vivande sul telo per una veloce merenda, quale tappa intermedia tra un tuffo e l’ennesimo castello di sabbia, l’allarme scatta: attenzione, pericolo, controllate i confini dell’asciugamano, pattugliate i sacri bordi!
“Chi è che parla?” chiede Matteo, cinque anni, ovvero nel pieno di un insopprimibile bisogno di risposte.
“Non farci caso”, tenta di tranquillizzarlo la mamma. “Mangia la crostata.”
Nondimeno, l’avvertimento si fa più squillante: attenti, stanno arrivando, vogliono occupare il vostro spazio e rubare il vostro cibo!
“Ma a chi si riferisce?” domanda Silvia, sette anni, in altre parole nel pieno di un insopprimibile bisogno di risposte e anche dettagliate.
“Alle formiche”, spiega facendo le veci materne la sorella maggiore Paola, dodici anni, cioè nel pieno di un insopprimibile bisogno di darle, le risposte, dettagliate o meno.
“Chi vuole un po’ di succo d’arancia?” chiede Giulia, come al solito in grado di anticipare le reali necessità della prole, marchio di fabbrica di ogni madre e, quale eccezionale mutazione, anche di qualche papà.
La bevanda disseta la famiglia e le dona la giusta carica per abbandonare il telo al suo destino e dedicarsi alla scalata del presunto irraggiungibile record di otto passaggi della palla senza farla cadere.
Nel medesimo tempo, come frustrato dalla noncuranza dei nostri, il disperato richiamo si presenta ulteriormente acuto e accorato: armatevi, difendete il telo dalle incivili orde, loro non sono come noi, sono delle bestie, vogliono distruggere tutto, invidiano le nostre molliche, pensano solo a mangiare e a fare figli…
Quindi, inascoltato, il messaggio vira sul delirio: vogliono entrare nelle nostre orecchie di notte, per poi assalire il cervello e farci diventare come loro, se non le fermiamo col tempo ci spunteranno le antenne e vivremo tutti sotto terra, a mangiare foglie e carogne di animali…
Fino a diventare addirittura offensivo: vergognatevi, amici delle termiti, perché non ne prendete una a casa vostra invece di fare i soliti buonisti? Facile parlare al riparo del proprio ombrellone, con il secchiello pieno e la paletta pulita…
Nel frattempo, i nostri riescono nell’impresa e undici palleggi viene festeggiato come un trionfo memorabile.
“Ci vuole un bel gelato per sugellare l’evento”, propone Giulia.
Femmina degenerata, latra in quell’istante la sgradevole presenza, lascerai che quelle belve rosicchino il pistacchio dalle dita dei tuoi stessi figli…
“Mamma?” chiede di contrappunto Matteo, cinque anni, ovvero ancora piccolo, ma già in grado di cogliere le contraddizioni del vivere moderno.
“Sì, caro?”
“Perché quest’uomo ha paura delle formiche? Non ne ho mai vista una sulla spiaggia…”
“Quale uomo?” domanda Silvia, sette anni, in altre parole ancora molto giovane, ma già capace di cogliere fino a che punto siano paradossali, le contraddizioni del vivere moderno.
“Non c’è alcun uomo”, risponde Paola, dodici anni, cioè non ancora un’adulta, ma abbastanza sveglia dal comprendere che tali paradossali contraddizioni sono tutt’altro che moderne, bensì vecchie come il mondo. “È solo il vento che oggi soffia dalla città verso il mare…”
E porta con sé di tutto, tra strascichi di smog e deliri.
“Per fortuna, oggi è una bella giornata e c’è il sole”, pensa Giulia. “Staremo bene, lo so.”
Perché non ci faremo ingannare più.
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